“Questo lo abbiamo dimostrato” Bangui – Repubblica Centrafricana
Febbraio-Marzo 2020
Venerdì 28 febbraio.
Dopo una gelida notte all’aeroporto di Parigi ed un viaggio quali unici bianchi su un Boeing777 al completo atterriamo a Bangui alle 15.30. Sulla pista ci aspetta un “rigidissimo” controllo sanitario: “parlano Sango! non misurare la febbre!”. Compiliamo schede di autocertificazione per l’Ebola adattate al Coronavirus. George ci aspetta al ritiro bagagli, tutti pervenuti. La lingua Sango di “mamma Caterina che è qui con i suoi due figli Morena e Federico” ci fa scivolare fuori senza che i bagagli vengano ispezionati. Incredibile e mai verificatosi. All’uscita, scena “Mamma mia”: Caterina è attesa dal suo bellissimo ex fidanzatino di Ngaoundaye. Un abbraccio lungo trent’anni e 800 km di pista.
Il caldo ci avviluppa come una melma, segnalati 39 gradi all’ombra, umidità insostenibile. Il centro MSR Coucherousset che ci ospiterà è una coinvolgente comunità gestita da suore congolesi. Raggiungono il Centrafrica in piroga attraverso l’Oubangui che traccia il confine. Camere pulite e confortevoli. Avremo la corrente elettrica per poche ore al giorno ma l’acqua sempre.
Un anno fa venimmo a Bangui per compiere una ricerca sul “SE”, periodico di savana pubblicato nel villaggio di Ngaoundaye tra il 1988 ed il 1990.Da una fitta rete di incontri inaspettatamente nacque ZOUKPANA: un gruppo di studenti universitari si impegnò ad inviarci materiale di attualità sul Paese, noi ad assicurare una piccola borsa di studio. Siamo qui per re incontrarli e per riabbracciare i vecchi “giornalisti di SE”. È un viaggio senza progetti ed aspettative. È un viaggio di accoglienza e di relazione.
E fu sera. Primo giorno.
Sabato 29 febbraio.
È mancata la mamma di una delle ragazze, oggi prevista visita a Marc Karangaze e successivamente partecipazione alla veglia funebre. Breve visita al complesso sportivo della città: lo splendido stadio da 20.000 posti costruito dai cinesi 15 anni fa sta cadendo a pezzi privo della minima manutenzione, nel palazzetto dello sport due squadre miste di funzionari pubblici stanno giocando a basket la partitella del fine settimana, ovunque foto e strette di mano, la lingua nazionale è lasciapassare certificato. Unici bianchi a piedi calpestiamo Bangui per km e km sulla grande strada centrale: mezzi ONU da una parte e camion container Maersk dall’altra, vengono e vanno da e verso il porto di Douala in Cameroun, sbocco al mare del Centrafrica. Magnifici tronchi di legname pregiato lasciano il Paese in cambio entra manifattura/spazzatura cinese. Cordone di sicurezza attorno a Morena, dichiarazioni di amore in tutte le lingue. Federico e George molto severi. Occhiatacce.
In casa di Marc entriamo in un’allucinazione impastata del suo delirio e della lucida presa di potere della sua nuova donna diventata moglie, una gigantografia di loro due in bianco -due meringhe mistiche- prova il matrimonio avvenuto a gennaio. È una visita improvvisata perché i contatti sono impediti dalla signora che gestisce il telefono e tutti temono come “strega”. Marc Karangaze in qualità di formatore è stato uno dei “padri” di questa nazione. Il suo inesorabile declino verso la follia ha causato nel tempo severi problemi ai suoi collaboratori ed un dolore infinito all’interno della famiglia. Ora è solo, completamente avviluppato nelle spire di una setta neo-pentecostale a cui l’ha iniziato l’attuale moglie. La contemplazione di una bimba, Sara, nata due giorni prima dalla figlia di lei ci offre una boccata di vita. Fatichiamo a reggere il peso di questa energia incomprensibile. Rientriamo pregando Georges di scusarci con Annik, non andremo alla veglia funebre. Il caldo e le emozioni ci impongono di fermare pensieri e corpi non ancora abituati alla realtà.
Tardo pomeriggio, apriamo il “ricevimento” nel nostro salotto costituito da una tettoia di legno, tre divanetti ed un tavolino basso attorno a cui svolazzano galli e galline: è la modalità africana del “mi siedo fuori e aspetto”, qualcuno arriva sempre e racconta una storia. Distribuiamo cioccolatini boeri semi-sciolti ai nostri Ospiti: Luc Zorro, il bellissimo ex fidanzato giunto da Ngaoundaye; il bellissimo nuovo amico togolese di Morena e le bellissime giovani aspiranti suore che Federico si sta incaricando di traviare. Luc conferma che trascorse due anni nella savana per il rito di iniziazione, porta sul volto le cicatrici dei tagli praticati con il coltello ai Labi, gli adolescenti dell’etnia Panà. Proviamo a chiedergli se ha qualche ricordo: -sì, ma lo custodisco dentro la mia testa- e sorride con tenerezza, quasi a scusarsi: non può e non vuole parlarne. Il suo passaggio alla vita adulta non è ad uso e consumo commerciale. Noi non siamo turisti e non abbiamo intenzione di violare regole sociali incorporate da generazioni.
Commossi accompagniamo gli Ospiti sulla strada. E fu sera.
Domenica 01 marzo.
Georges ci accompagna a casa di Annick, una delle ragazze di Zoukpana, per vegliare la sua mamma. La salma in realtà si trova in Marocco, dove era andata a curarsi. Annick e la sorella sono ospiti dallo zio che le accoglie nella circostanza. Il padre vive in Cameroun. Entriamo nel cuore del quartiere nella zona del PK12 sulla direttrice verso il Cameroun, un pezzo di trans-africana. Cortile e casa sono ordinati, accoglienti e pieni di gente. Occupiamo il salotto e ascoltiamo il lungo e appassionate racconto della vita della deceduta, 38 anni intensi di una donna forte ed indipendente che ha lottato contro un carcinoma al seno, con la chirurgia, la chemioterapia ed i rimedi tradizionali. Annik studia medicina ed il suo confronto tra i due approccio è appassionato. Dopo, tutto diventa una festa, in Africa i Defunti si onorano stando insieme e raccontando episodi della loro vita. Arrivano altri ragazzi del gruppo e Annick cucina per tutti. Ci sentiamo a casa, onorati dagli zii che ci lasciano il nostro spazio preoccupandosi che non ci manchi nulla. Al ritorno Georges e Bienvenue ci accompagnano in taxi: guida centrafricana, monomarcia in quarta con sorpasso in folle. Chiudiamo la giornata con le prime considerazioni sul futuro del gruppo, innamorati dei loro sguardi che contemplano i libri ricevuti in dono. Prima di partire avevamo chiesto ad ognuno di indicarci testi universitari utili che abbiamo reperito ed acquistato in Francia. Georges studia economia delle risorse agrarie, Bienvenu ingegneria delle telecomunicazioni.
E fu sera.
Lunedì 02 marzo.
Un autista con occhi perduti nell’alcol e nel Tramadol – l’antidolorifico che viene utilizzato come stupefacente- ci porta a casa di Celestin Dimanche, uno dei vecchi “giornalisti di SE”. Per strada un’inversione a U mozzafiato, scampato incidente con un Bus. Scopriremo che la strada era barricata da studenti e insegnanti precari in sciopero. Sei mesi senza stipendio. Nello stesso tratto, al ritorno, una distesa di pietre: i resti degli scontri con la polizia. Accompagnati da una scoppiettante donna del quartiere Cornelia, entriamo nell’oasi di pace e saggezza che è la casa di Celestin. Makalà – le frittelle che in tutta la città vengono vendute a bordo strada – tè e analisi geopolitica dei fatti salienti dell’ultimo anno con un viaggio nel passato del regno del tiranno Bokassa. Molti de giovani studenti nati dopo il 1990 iniziano a guardare con nostalgia all’oscuro personaggio che ha tenuto in pugno la nazione tra il 1966 ed il 1979 e, sotto lo sguardo accondiscendente della Francia di Giscard D’Estaing, l’ha portata all’apparente massimo splendore di sempre. Non ci permettiamo nessun tipo di commento sulla storia di un Paese che non è il nostro ma cerchiamo di stabilire un legame tra alcuni degli studenti e Celestin Dimanche che ben la conosce e ben l’ha sofferta per tutti i suoi 60 anni di vita. Le ore trascorse con lui sono un regalo.
Al ritorno, ci accoglie lo scoppio di un lacrimogeno vicinissimo al centro. Le proteste continuano, Bangui è bollente. A proposito di clima incandescente tempo di una doccia e arrivano i ragazzi di Zoukpana al completo, che riabbracciamo stretti stretti : Dieubeni che ha sospeso i suoi studi poiché al momento dei test di ammissione al nuovo anno ha avuto un grave incidente , Christnol che prosegue il suo master in informatica, Bonaventure che continua con l’antropologia, Brice con il diritto e Sara, nuovo ingresso, appassionata di giornalismo. Discussione animata, problemi e domande ben argomentate. Si interpellano e ci interpellano sull’identità del gruppo in prospettiva dei cambiamenti delle vite dei singoli. Sia la delegazione di SE che Zoukpana rifletteranno prendendosi tempo. In merito alle piccole borse di studio ricevute per un anno, hanno scelto di mettere in pratica una forma di micro-credito: ogni mese un ragazzo riceveva l’intera somma destinata al gruppo in modo da poter disporre di un piccolo capitale da investire e far fruttare. Questa scelta ha meravigliato noi, immersi nelle nostre logiche, mentre è nata spontaneamente in una nazione che vive sostanzialmente di micro-economia di sussistenza e dove tutti hanno una capacità innata di mettere a frutto ogni occasione.
E fu sera (finalmente).
Martedì 03 marzo.
Partenza all’alba alla volta del fiume. Obiettivo primario incontrare gli ex-pescatori, ora caricatori di sabbia, e consegnare loro le foto scattate durante lo scorso viaggio. A centocinquanta metri da casa, Morena ci ricorda che non l’abbiamo prese. Immaginate ora il gesto di tornare, aprire la camera, cercare le foto, capire quali sono, proiettato con una moviola lentissima come fossimo astronauti. Ormai siamo bradipi stremati dal clima e dalla tensione ostinati però nella scelta di usare il meno possibile i mezzi di trasporto. Camminiamo per mezz’ora fino ad una stazione di servizio, siamo disorientati, il gestore ci indica tre strade e ce ne consiglia una. Finiamo di fronte alla cattedrale e ai luoghi del nostro soggiorno di marzo 2019. Breve valutazione architettonica di Morena e poi un tuffo nelle braccia della famiglia che ci ha accolto e nutrito lo scorso anno. Casa. Sapori ed emozioni di casa un anno dopo.
Sono musulmani, ex commercianti al mercato del PK5 depredati dalle forze “antibalaka” ed attualmente sfollati nella propria città. Lo scorso dicembre nel mercato in questione c’è stata una strage operata dai “taglieggiatori” nei confronti di chi rifiutava di pagare “il pizzo”: almeno 40 morti, i feriti non sono stati contati. Interpellati sugli avvenimenti il loro silenzio ermetico conferma che sono stati molto coinvolti, sarà impossibile sapere come.
Poco dopo siamo nel cuore della città: un enorme formicaio di mezzi ONU, carichi di soldati con casco blu. La società civile vuole cacciarli, è pronta ad opporsi alle mitragliatrici con barricate e sassi. Ne arrivano ogni giorno: dal Burundi, dal Ruwanda, dallo Zambia, dalla Costa d’Avorio, dal Burkina Faso, dal Congo, dal Pakistan, dal Bangladesch, da…12.000! La manifestazione per chiedere la rimozione di tre dei loro comandanti, prevista per il 4, è stata spostata al 17. La questione è spinosa: accuse provate dimostrano la collusione tra i tre ed alcuni gruppi di guerriglieri, ma come potrà il presidente opporsi alla missione ONU?
Il fiume ci rapisce con la sua solennità che riflette pace e bellezza. I nostri caricatori di sabbia sono tutti al lavoro con costume da bagno e gerla sulla schiena, tranne uno – il rompicoglioni assoluto – che cerca di sfruttare la situazione facendosi dare tutte le fotografie per poi “venderle”. Felicità pura, felicità assoluta perché tra l’anno scorso e quest’anno a Bangui c’è stata un’alluvione ed i nostri amici vivono accampati lungo gli argini dove si ubriacano e fumano canne fino a stramazzare. E ciononostante sono vivi. Nadia ci strappa dalle grinfie dello stanca-cervelli, simpatico peraltro. Pantaloni pinocchietto, camicia a mezze maniche, capelli corti, scalza ci appare come la Signora dell’acqua, una potenza. Gestisce: camion di sabbia, ministri e altre personalità, pescatori, acquirenti di pesce, ed un bellissimo ristorantino nel quale -ovviamente- prenotiamo un piatto per le 13. Nadia chiama i ragazzi ad uno ad uno perché prendano le foto. Il nostro gesto scatena uno stupore solenne ed evoca il prezioso rispetto di Nadia. Federico si avvicina ad uno di loro che non osa avanzare perché troppo sporco, si guardano, Morena e Caterina li guardano da poco lontano, siamo nel buco del culo geopolitico del mondo a goderci i fiori di tutto il letame. Sentiamo su di noi gli occhi di Mami Wata, lo Spirito dell’acqua che osserva e benedice: con noi è buona. Siamo solo alle 10 del mattino.
Percorrendo l’Oubangui, alle 10e30 arriviamo davanti al carcere di Ngaraba. Rispetto all’anno scorso il dispiego di mezzi e di uomini è triplicato. Sono caschi blu del Bangladesh e del Pakistan che sorvegliano svogliatamente l’ingresso, seduti su camionette e carri armati. Nelle tempie pulsa una domanda insistente, come un martello pneumatico: hanno davvero scelto? E’ una scelta quella che ha portato un disperato del Pakistan a venire a disperarsi qui, Ultimo a sorvegliare altri Ultimi, ad arrostire vivo, chiuso in una divisa improponibile, appostato davanti ad un posto impossibile con il compito probabile di far sì che nessuno esca e dentro “liberi tutti”? Il giorno dopo scopriremo che nel frattempo, un prigioniero veniva sgozzato da altri due. Siamo oltre l’assurdo. Al ritorno mentre camminiamo arriva un saluto: “Ciao Caterina! Federico!” uno degli ex pescatori è partito a cercarne un terzo ed avvertirlo che stiamo distribuendo le fotografie. Il peso del nostro piccolo simbolo va ingigantendosi. Da Nadia ci aspetta un pranzo delizioso: è stata di parola, il pesce è freschissimo. Si lamenta dello sciopero della fabbrica di bibite e birra. Il locale si riempie di cittadini ben vestiti e snob. Ben presto dai tavoli vicini partono occhiatacce e cogliamo ben presto la parola magica: Coronavirus! Caterina viene provocata sfacciatamente in lingua Sango, risponde con un sorriso ma questa volta non è un gioco, noi italiani siamo diventati gli untori. Nadia ci invita a tornate il giorno dopo prendendo ostentatamente posizione in nostro favore e non è alleanza da poco. Rabbiosi vorremmo urlare che dall’altra parte del fiume c’è l’Ebola e le piroghe vanno avanti e indietro in maniera incessante. Scegliamo una ritirata lenta e dignitosa. Rientriamo al Centro per attendere un padre polacco che deve ritirare una busta per la dr.Ione. Appuntamento alle 16, arriva alle 17, non si scusa e scende dalla macchina senza neanche spegnere il motore. Ritira e se ne va. La “polonisation” (termine coniato dalla dr. Ione per indicare l’arrivo massiccio di missionari dalla Polonia, appunto) ci ricorda la differenza di relazione in base al colore della pelle. Un po’ di relax.
E fu sera.
Mercoledì 04 marzo.
Decidiamo di non muoverci e di accogliere. Al mattino presto arriva uno dei ragazzi, Dieu Beni, quello che ha interrotto gli studi per l’incidente, sta per partire per Boda, 130km da Bangui, dove ha aperto uno spaccio per i lavoratori di una impresa di legname. I proprietari son libanesi. Ecco Luc che ci presenta il suo figlio maggiore che studia a Bangui. Chanchella, figlia di Celestin, pranza con noi, Federico e lei escono per comprare pezzetti di carne arrostita e pane; formano una coppia che costituisce un ennesimo segno fortissimo: lui non è un soldato né un ricco imprenditore, lei non ha i tratti sguaiati di chi è costretto a vendersi, sono giovani, belli e composti, camminano fianco a fianco per un meccanismo che a Bangui è incomprensibile. Il pomeriggio Zoukpana al completo in riunione tattico logistica consultiva preventiva. Enorme soddisfazione e grande progettualità. Li conosciamo come individui, si aprono con le loro storie, il loro umorismo e la loro intelligenza, lo ripetiamo ancora una volta: ci piace pensare che almeno un pochino si fidino di noi ed il loro lungo racconto sugli Spiriti del fiume è una piccola prova. Amaretti liguri, torroncini, e consegna dei regali. Strepitoso successo del video-proiettore e dei DVD.
E fu sera, in pienezza e con gran soddisfazione.
Giovedì 05 marzo.
Già dal mattino percepiamo fisicamente che il caldo ci veste e continua a rallentarci. I vaccini, la prevenzione, i fermenti lattici, l’idratazione, l’alimentazione adeguata hanno poco potere nella lotta che un sistema immunitario come il nostro deve sostenere ai tropici, soprattutto se si opera una scelta di quotidianità il più possibile vicina a quella di chi vive lì: gli agenti patogeni pullulano e sono potentissimi, a volte sembra persino di vederli. Andiamo in città a comprare i giornali, li leggiamo e li commentiamo insieme. Abbiamo bisogno di radunare le idee. L’andirivieni dei caschi blu al Centro dove ci troviamo ci interfaccia con tantissime diverse nazionalità. Abbiamo proposto ai ragazzi di incontrarci individualmente. Nel pomeriggio passa Brice, il giurista. Poco dopo il suo arrivo ci raggiunge Guillanne nipote di Celestine una delle vecchie giornaliste di “SE” e ci racconta che la zia pochi mesi prima ha perso la sua unica figlia di 30 anni: per un amore sbagliato si è tolta la vita bevendo il diserbante.
Fu sera, anche oggi.
Venerdì 06 marzo.
Accogliamo Georges con un lungo ed articolato confronto sui suoi progetti personali. Ha fame di poter studiare e qui non potrà continuare dopo la laurea magistrale. L’ unica prospettiva per lui potrebbe essere la Francia ma al momento attuale non otterrebbe MAI un visto per entrare in Europa. Alle 12.00 siamo immersi nelle vischiose sabbie mobili di un caldo che inghiotte ed è il momento di partire per andare a pranzo da Celestin, sentiamo di non avere la forza ma procediamo. Ci aspettano una casa fresca ed un’accoglienza memorabile con i due padroni di casa in bellissimi abiti africani. Celestin continua a raccontarci tutto quello che “vede” con la sua cecità ed a sbalordirci, in qualità di ex direttore degli Archivi di Stato ci promette di farci avere un suo memorandum sui governi dal ’59 agli anni ’90. Rientriamo attraversando la fornace che è Bangui, arriviamo alle 15.00 e la doccia è l’estasi. Come in un sogno da fuori arrivano rumore e odore di pioggia. La temperatura scende di 13° e ci abbandoniamo al sonno. Il pomeriggio inizia alle 17.00 e fa di noi osservatori indisturbati del via-vai continuo di caschi blu che arrivano a cercare sistemazione. Sono così tanti ormai da cercare alloggio ovunque, hanno bisogno di privacy, bagni e corrente elettrica, molti rifiutano le stanze come le nostre perché i servizi sono in comune. La convivenza con loro nelle ore “fuori servizio” ha dell’incredibile. Se al mattino ci salutano con battere di tacchi e mani al berretto, la sera si intrattengono birra in mano, canottiera e pantaloncini corti gustando con sorpresa piccolini dolcini italiani; raccontano dei loro Paesi di origine, ci chiedono dell’Italia. Anche loro, come tutti, si stupiscono del nostro essere lì, non rientriamo in nessuna categoria nota, potremmo essere giornalisti o spie ma evidentemente non ne abbiamo i tratti.
Fu sera,alle 21.00 dormiamo di nuovo incapaci di reggerci in piedi.
Sabato 07 marzo.
Partiamo a piedi per portare i regali alla famiglia di nostri amici ristoratori e poi giro di acquisti con la mediazione di George. Interminabile, estenuante, fantastico. Il clima già caldissimo di Bangui si surriscalda per la presenza di Morena, che nei processi di integrazione è ormai assimilabile ad una centrafricana: gira mezza nuda e sorridente, incede con passo pacato e sicuro. Trasportate tutto questo in un campus universitario maschile al sabato mattina mentre tutti fanno il bucato. La camera di George e Bienvenue misura: 1,82m x 2,37m e contiene: due letti, due armadi, due scrivanie, due sedie, due batterie di pentole per cucina, un ventilatore, un fornelletto, due freezer a pozzetto, una stampante professionale da ufficio e sei persone che aspettano un’ottima polenta da noi cucinata. La temperatura totale sale a 55,3 gradi e parte il teatro della presa in giro di George e le sue donne. Non immaginate cosa abbia scatenato al campus l’infelice iniziativa di Caterina di specificare che piatti e forchette erano biologici. Guerra, alluvioni, malnutrizione, incertezza assoluta, sfruttamento e questa se ne arriva con le posate monouso “biologiques!”.
Tornati al centro, al pomeriggio riceviamo l’insperata visita di uno dei ragazzi con la moglie. Consegna dei regalini per il loro bimbo di un anno e mezzo.
E fu sera.
Domenica 08 marzo.
Dio personalmente ci distoglie dall’idea di andare a messa. E meno male. Chiudiamo i conti con la suora, facciamo le valigie. Ed ora immaginate dalle 11 alle 19 un corteo ininterrotto di visitatori, i più diversi e contemporaneamente con un continuo distribuire amaretti di Sassello e thè in polvere. Tra gli esperimenti di resilienza: seduti in compagnia di due soldati caschi blu George fa ascoltare con il telefonino la canzone libertaria “Dimmi bel giovane”- La casa è di chi la abita, è un vile chi lo ignora, il tempo è dei filosofi, la terra e di chi la lavora. Interpellati traduciamo sudando, la provocazione è forte e chiara ma non viene raccolta.
Come per incanto verso sera arriva la delegazione del nostro “SE”, il giornale di savana: Celestin, Celestine, il fratello minore di Kiki, identico a lui, e Textin, il figlio di Amos. Caterina torna nella vecchia “redazione” con le battute, i pettegolezzi, le notizie del e sul villaggio, Ngaoundaye, lontano giorni di viaggio e così vicino, lì presente, da toccare, abbracciare… Insieme a Celestine è tornata la giovane nipote. 8 Marzo. Le Donne presenti risplendono, ricordano con dignità la Giovane morta d’amore in modo così atroce e si scambiano forza e determinazione. Trent’anni di relazioni e due generazioni attorno ad un tavolino eppure tutto sembra coniugarsi al presente.
E fu sera.
Lunedì 9 marzo
Partenza prevista per le 17.30 da Bangui, scalo tecnico a Yaoundè, arrivo a Parigi alle 5.40 di martedì 10, volo per Linate alle 18.30. Nel frattempo la Lombardia è stata dichiarata “zona rossa” per il covid-19. Da due giorni non riusciamo a capire il tono concitato ed allarmato delle voci che ci arrivano dall’Italia, non riconosciamo le persone nei timbri ansiosi e drammatici con cui ci parlano, cerchiamo di tranquillizzarle. Arrivare a Milano alle 19.30 creerebbe complicazioni sia a chi verrebbe a prenderci, sia al progetto di rientrare in Liguria con mezzi pubblici. Alle 7.45 siamo all’ufficio Air France di Bangui nel giro di 10 minuti ed in tre steps (i voli Parigi Genova costano 700€ a passeggero, con 430€ riesco a farvi volare tutti e tre, vi imbarchiamo sul Parigi Genova delle 11.30 a costo zero per emergenza sanitaria) usciamo con la soluzione del problema. Effettuiamo il pre-imbarco dei bagagli. Federico paga 5000FCFA per la tassa di dogana sull’artigianato mentre i poliziotti aiutano Caterina a imballare il suo vassoio in vetro in modo che non si rompa.
8.20 sono solo le 8.20! Decidiamo di rientrare a piedi. Morena calza infradito basse perché la passeggiata non era prevista, sente formarsi una piccola ferita nel piede. Scegliamo un piccolo sentiero sterrato tra le erbacce a bordo strada, qualcuno ha scelto l’ombra di un enorme pannello pubblicitario come suo gabinetto, gli passiamo a fianco con la sua stessa naturalezza. Sul pannello soldati in uniforme, un giorno capiremo tutti che non ha senso cagare sotto le immagini, ma sopra la logica delle armi che tanto di merda è. Stremati dalla sete, il rientro era previsto in taxi, ci avviciniamo ad una signora anziana rinsecchita che all’ombra di un enorme pannello vende piccole banane, sul pannello altri soldati in altre uniformi; tre banane costano 200FCFA , paghiamo, le prendiamo e cambiamo idea, ne vogliamo nove. Il sole è caldissimo e l’ombra è stretta, la signora inizia a selezionare e contare banane con lentezza esasperante, ne vogliamo 9, ne abbiamo prese e pagate tre, ora deve darcene altre? E noi dobbiamo pagare quanto? Che divisa portano i soldati? UE? ONU? USA? FRANCIA? CINA? Che divisa portano e che tipo di armi imbracciano? Finalmente una scintilla nei nostri cervelli bolliti: gli anziani non sanno contare e continuano a vendere “al pezzo”;le restituiamo le tre banane, lei si illumina, ci restituisce i 200FCFA e ci consegna un casco del valore di 500FCFA che conta circa nove banane e costituisce circa un quarto di tutta la sua mercanzia. L’intera operazione si è svolta per un prezzo finale di circa 80 centesimi di euro.
TORNEREMO! Noi il prossimo anno torneremo, la cercheremo e la troveremo, ci sarà, ammucchieremo un tesoretto piccolo piccolo tanto per toglierla da lì. Forse sui pannelli ci sarà la foto di Morena nominata Ministro dei Beni Culturali per procura, forse di uno dei Ragazzi di Zoukpana eletto Presidente, forse Chancella avrà una borsa di studio per l’Italia, forse Celestine riaprirà il ristorante e questa volta Caterina uscirà a cena con Luc perché forse a Bangui si tornerà a respirare. Forse…ma lei ci sarà. La vecchietta sarà lì con le sue banane.
Le Persone ci sono sempre e questo lo abbiamo dimostrato.
Federico Olivieri e Morena Rossello collettivo “SE”
Caterina Perata Rete Radiè Resch e collettivo “SE”