QUALCHE RIFLESSIONE SU QUESTA EPIDEMIA…

Cari Socie/i e Amiche/i,

di seguito vogliamo condividere alcune riflessioni del nostro Presidente Marco Anselmo riguardo a questo particolare momento che stiamo vivendo.

“C’è qualcosa che mi disturba di questa reazione all’epidemia di coronavirus. Un’epidemia.

Già…un’epidemia, non l’epidemia. Non la prima, né l’unica, né l’ultima.

Non sottovaluto la fatica di chi lavora nelle regioni più colpite, né il dolore di chi ha perso qualcuno portato via da questa malattia. Rispetto fatica e dolore.

Eppure c’è qualcosa di così stridente tra l’accento messo su queste morti, questa fatica e questo dolore rispetto a tutte le altre morti, fatiche e dolori. 

Le persone muoiono isolate, senza i loro cari vicino. E’ uno degli aspetti più terribili della malattia. Cosi’ come era terribile in Guinea, in Sierra Leone, in Liberia, in Congo durante le epidemie di Ebola. Morivano circondati da persone di cui a malapena riuscivano a vedere gli occhi appannati dietro le mascherine, da persone che spesso parlavano una lingua diversa. Quando entravano nel centro sapevano di avere meno del 30% di chance di uscirne vivi. Erano bambini, madri, fratelli, sposi che si salutavano per l’ultima volta all’ingresso del centro. 

Si lavorava senza tregua, senza un giorno libero, senza potersi abbracciare, senza neanche potersi stringere la mano.

La gente muore perché le terapie intensive non sono sufficienti. E’ doloroso. Ma la maggioranza degli abitanti di questo mondo non avrà mai accesso ad una terapia intensiva. La maggioranza degli abitanti del mondo non ha neanche accesso al medico di base. Anche questo è doloroso.

La gente deve stare a casa, deve limitare i movimenti. E’ duro. Penso a quanta gente ho conosciuto che è stata rinchiusa in recinti per anni, i ragazzi rinchiusi nei centri di detenzione libici, i rifugiati rinchiusi nel loro chilometro quadrato da generazioni, gli abitanti di Gaza confinati in una striscia. Penso che la maggioranza degli abitanti di questo mondo non avrà mai un passaporto.  Anche questo è duro.

Tutti sperano nell’arrivo veloce di un vaccino. Arriverà. Ma non per tutti. Come non per tutti è il vaccino del morbillo, la terapia per l’HIV, le chemioterapie antitumorali. 

La foto che mi sconvolge di più di questa epidemia è quella dei senzatetto americani nel parcheggio. Esprime la follia di una risposta alla paura più che ai bisogni. La paura di questa parte ricca di mondo che pensava di poter dominare tutto e ora qualcosa sfugge al suo controllo. E allora li fa stendere così, ognuno tra le linee di un parcheggio. Che non si muovano. Che non ci infettino. 

Sicuramente quest’epidemia sarà una mazzata economica. Ma i ricchi continueranno ad essere i più ricchi e i poveri continueranno ad essere i più poveri. 

Dicono che quest’epidemia cambierà le nostre vite. Lo spero. 

Spero ci aiuti a vedere un po’ più lontano”.